domenica 16 maggio 2010

It's just Death.

"According to Elisabeth Kubler-Ross, when we are dying or have suffered a catastrophic loss, we all move through five distinct stages of grief. We go into denial because the loss is so unthinkable we can't imagine it's true. We became angry with everyone, angry with survivors, angry with ourselves. Then we bargain. We beg. We plead. We offer everything we have, we offer our souls in exchange for just one more day. When the bargaining has failed and the anger is too hard to mantain, we fall into depression, despair, until finally we have to accept that we've done everything we can. We let go. We let go and move into acceptance."

Secondo la psichiatra svizzera Elizabeth Kubler-Ross nel momento in cui ci viene diagnosticata una malattia grave o dobbiamo elaborare un lutto passiamo attraverso cinque fasi.
La prima fase è quella della negazione. Quando sembra impossibile che stia accadendo proprio a te. Sembra un brutto sogno e aspetti inutilmente di svegliarti perchè finisca. Ma la negazione è utile al paziente per proteggersi dall'ansia della morte e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi.
La seconda fase è quella della rabbia. La rabbia verso se stessi, verso chi ci è vicino, verso una qualche entità superiore. E' la fase del "perchè proprio a me?". E si arriva ad una richiesta di aiuto. O al rifiuto dell'aiuto.
La terza fase è quella della contrattazione. E' il momento in cui si cerca qualcosa da fare per risolvere la situazione. Qualcosa verso cui investire le proprie speranze. Arrivando a contrattare.
La quarta fase è quella della depressione. E' il punto in cui si comincia a prendere consapevolezza di quello che sta accadendo. E' il punto in cui il dolore è più forte, e forse è proprio questo che aiuta la presa di coscienza. Non si può più negare e ci si rende conto che non si può più far niente. E' distinta in altre due fasi: una reattiva e una preparatoria. Quella reattiva è conseguente alla presa di coscienza di ciò che si sta perdendo. Quella preparatoria ha un aspetto anticipatario rispetto alle perdite che si stanno per subire.
La quinta ed ultima fase è quella dell'accettazione. Il paziente, dopo l'elaborazione di quanto sta succedendo, arriva ad un'accettazione della propria condizione. Possono essere ancora presenti episodi di rabbia e depressione ma si manifestano con minore intensità.

Quindi, mi scusi Elizabeth Kubler-Ross, ma io a che punto sarei?
Ora, passato un anno e quattro mesi e tredici giorni quanto mi manca per raggiungere uno stato di accettazione del lutto definitivo?
A me sembra di aver passato unannoquattromesietredicigiorni a saltellare fra una fase e l'altra. Oggi qui, domani lì. Ora qui, fra un minuto di là.

E in effetti la teoria stessa sostiene che siamo tutti diversi. Che per ognuno di noi la durata delle fasi è diversa. Che l'ordine delle fasi non è per forza quello descritto. Che si può andare dalla prima alla quarta e poi indietro alla terza e poi la seconda e poi la quinta e poi di nuovo la prima.
Sinceramente, preferirei che le fasi fossero in ordine. Che una volta finito il percorso e arrivati all'accettazione lì si rimanesse. Invece, ho il vago sentore che il "balletto" fra le fasi continuerà per sempre.
E se ci penso sto male.

Che poi, sono davvero piccolissime cose, piccole coincidenze o piccoli gesti fatti da qualcuno che non sa nemmeno cosa possono evocare in te, che ti portano a passare da una fase all'altra.
Basta una macchina simile in lontananza. Magari ne vedi passare 10 in una giornata, ma quella che vedi sbucare ad un tratto, mentre sei immersa nei tuoi pensieri, da lontano, sembra lui. E poi non è e ci resti male. Perchè non sarà mai più lui a svoltare l'angolo. Mai più.

Basta che la mamma giri la chiave nella toppa per aprire il portone e il portachiavi, il suo portachiavi, faccia il solito tintinnio. Era il tintinnio che faceva lui. Era quel tintinnio che ti faceva capire che era entrato lui e non qualcun'altro se non avevi sentito il rumore della macchina. E lì per lì drizzi le orecchie, ma poi ti riprendi. Perchè non sarò mai più lui ad entrare dalla porta e fare il tintinnio con il portachiavi. Mai più.

Basta trovare per caso una vecchia foto. Guardarsi qualche anno fa. A casa, al mare, ovunque. Quei sorrisi, il bimbo piccolo in braccio e sapere che in braccio non lo terrà mai più. E se pensi che poi, a quel bimbo piccolo, dovrai spiegarne il perchè, ti prende ancora peggio.
Basta aprire lo sportellino del mobiletto del bagno e vedere il suo spazzolino. Basta andare in camera e vedere le ciabatte ancora accanto al comodino, i vestiti ancora nell'armadio. Da un anno e quattro mesi e tredici giorni. Ma tanto, non serviranno più.
Basta una domenica qualsiasi. Partite alla tv e non c'è nessuno sul divano a guardarle con me, tanto che io ho addirittura smesso di guardarle. Non era e non è più molto divertente.
Basta che l'Inter vinca la Coppa Italia e lo Scudetto. E come se non bastasse anche la Champions. Perchè proprio ora che non c'è lui? Lui, che sarebbe stato così contento!?

Si, direi proprio che continuo ad andare in qua e là fra le fasi. E non mi piace neanche un po'. Soprattutto perchè so che non passerà. Lo stallo in fase cinque non ci sarà mai. Come mi sono venute in mente queste sei cose in due minuti, in tutta la vita sai quante ce ne saranno che me lo faranno tornare in mente?
Ma ormai. Ormai è così.

lunedì 10 maggio 2010

Top Secret.


Eh no. Di più non si può dire. Per ora.