venerdì 23 luglio 2010

Addomesticami.

"Che cosa vuol dire 'addomesticare'?"
[...]

"E' una cosa molto dimenticata, vuol dire creare dei legami"
"Creare dei legami?"
"Certo -disse la volpe- Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".

"Comincio a capire -disse il piccolo principe- C'è un fiore...credo che mi abbia addomesticato..."
[...]
"La mia vita è monotona [...] Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicit
à! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".
[...]
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse: "Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".
[...]
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripetè il piccolo principe per ricordarselo.

["Il piccolo principe" - Antoine de Saint-Exupéry]




domenica 18 luglio 2010

Quando mi manca Londra.


"Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita. Perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offrire." - Samuel Johnson


Quando ero piccola sognavo di andare a Parigi. Credo di aver chiesto per la prima volta ai miei di portarmici verso i sei/sette anni. Non avevamo mai fatto viaggi. Un po' perché i miei non prendevano l'aereo (e nemmeno ora), un po' per il lavoro del babbo che lo lasciava libero ben poco, gli unici viaggi che avevo fatto fino a quel momento erano quelli per andare a trovare i parenti lontani e i viaggi estivi (tutti i weekend e gli ultimi 15 giorni di agosto) per andare al mare, nel *nostro* posto, dove mi hanno portato la prima volta quando avevo 5 mesi e vado ancora ora.
C'è voluto qualche anno ma alla fine, nel 2000, a Parigi mi ci hanno portato. Siamo andati in macchina, siamo rimasti poco perché il lavoro chiamava, però ero contenta lo stesso. E ci siamo divertiti. E mentre tornavamo verso casa abbiamo cominciato a parlare di fare ogni anno un viaggio, nel periodo di Pasqua. La meta prevista per l'anno successivo era Londra.
Ma l'anno dopo, non ricordo per quale motivo, non potemmo andare. E poi è arrivato mio fratello ed era troppo piccolo ecc ecc ecc. Insomma, alla fine a Londra non siamo andati.
Però alle medie ho cominciato a manifestare un interesse smodato per l'inglese. E poi, dopo un corso con un'insegnante madrelingua che ci aveva parlato di Londra con tanto di cartina geografica alla mano, anche per Londra.
Ho cominciato a chiedere di andare in vacanza studio, ma a detta della mamma ero troppo piccola. Fino al giorno in cui si è decisa. E alla fine, a 17 anni, a Londra ci sono andata.
15 giorni. E arrivata là sapevo tutto. Un po' perché quando faccio un viaggio è più forte di me, devo informarmi su tutto quello che c'è, un po' perché era tanto che aspettavo e non facevo altro che pensarci. (Che poi chissà perché questa cosa quasi morbosa!?)
In vacanza studio sono stata benissimo, nonostante alla partenza non conoscessi nessuno dei trenta che erano con me e la mia enorme timidezza, solo e unicamente perché finalmente ero a Londra.
Da quella vacanza sono tornata che Londra mi piaceva ancora di più di quando ero partita, e allora non sognavo più solo di farci un viaggio, ma di andare a viverci. E da Londra ero tornata con anche un'amica in più, che continuavo a sentire e con la quale, un anno e mezzo dopo, a Londra sono ritornata.
Quella mattina di fine dicembre, da qui sono partita da sola. Con lei mi sarei trovata all'areoporto di Gatwick, da lì avremmo raggiunto il centro e avremmo passato il Capodanno a Londra, quella città di cui entrambe ci eravamo innamorate durante la vacanza studio.
E ancora una volta non sarei voluta tornare. E sono tornata ancora più convinta di volerci andare a vivere.
Dopo appena sei mesi ero di nuovo lì. Ed era sempre la stessa storia. A Londra sto troppo bene. E' come se fosse un po' casa mia. Abbiamo un rapporto speciale, io e Londra.
Sono passati quasi due anni da quando ci sono stata l'ultima volta. Tanto, troppo tempo. Però ogni volta che qualcosa non va per il verso giusto, ogni volta che sto male per qualcosa, io sento il bisogno di andare a rifugiarmi là. Mi manca terribilmente. Non so per quale motivo sia così.
Da un anno e mezzo a questa parte capita spesso che qualcosa non vada, che qualcuno mi deluda o che, semplicemente, non stia bene qui, mi manchi una persona. E allora scapperei volentieri *là* e magari cerco il volo, l'albergo. Ma solitamente mi passa ancora prima che riesca a prenotare e non se ne fa di nulla. Quindi non so in realtà quando ci tornerò.
Però so che questa volta sarò da sola. Sì, andrò da sola o al massimo con qualcuno che condivida il mio stesso amore per Londra, perché di fare le solite cose da turisti non ho voglia. Voglio perdermi fra le strade, nei parchi, nei posti che non ho visto e in quelli che mi sono piaciuti di più. Voglio andare con calma, senza la fretta del "devo vedere questoquestoequesto".
Voglio tornare a Londra, sì.

venerdì 16 luglio 2010

Il coraggio.

"E’ la molla della vita, il coraggio. Accendemmo il fuoco perché avemmo coraggio. Uscimmo dalle caverne perché avemmo coraggio. Ci gettammo in acqua e poi in cielo perché avemmo coraggio. Inventammo le parole e i numeri, affrontammo le fatiche del pensiero, perché avemmo coraggio. La storia dell’Uomo è innanzitutto e soprattutto una storia di coraggio: la prova che senza il coraggio non fai nulla, che se non hai coraggio nemmeno l’intelligenza ti serve. E il coraggio ha molti volti: il volto della generosità, della vanità, della curiosità, della necessità, dell’orgoglio, dell’innocenza, dell’incoscienza, dell’odio, dell’allegria, della disperazione, della rabbia, e perfino della paura cui rimane spesso legato da un vincolo quasi filiale. Però esiste un coraggio che non ha niente a che fare con quei tipi di coraggio: il coraggio cieco e sordo e illimitato, suicida, che nasce dall’amore. Non ha confini il coraggio che nasce dall’amore. Non ha confini il coraggio che nasce dall’amore e per amore si realizza. Non tiene conto di alcun pericolo, non ascolta nessuna forma di raziocinio. Pretende di muovere le montagne e spesso le muove. A volte, invece, ne viene schiacciato."
["Insciallah", Oriana Fallaci]

giovedì 8 luglio 2010